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Storie di caffè

Noi italiani abbiamo tanti pregi. Sappiamo essere molto affettuosi, sappiamo (tendenzialmente – me esclusa) cucinare bene e produrre ingredienti di qualità, che siamo felici di diffondere con orgoglio oltre i confini nazionali. Tra gli innumerevoli nostri difetti, proprio l’orgoglio è quello che più ci rappresenta… specialmente quando si parla di cibo e dintorni.

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(Per esempio), non c’è assolutamente nessuno al mondo che sappia fare il caffè meglio di noi. Questo è quello che pensiamo, noi italiani, con davvero poche eccezioni. Infatti, quando si tratta di cibo e bevande (vino o caffè, appunto), diventiamo tutti conservatori. Nella fattispecie il caffè ci rende addirittura un po’ più immuni al campanilismo che di solito ci caratterizza… E allora possiamo anche concedere ai napoletani il primato del caffè più buono d’Italia.

Sono stata a Napoli tre volte nella mia vita e devo dire che lì il caffè è davvero un’istituzione. E non è necessario recarsi all’elegantissimo (e altrettanto famoso) Caffè Gambrinus, al lato di Piazza del Plebiscito, per assaporarne la fragranza. Ricordo ancora, sulla strada verso il Vomero, il sapore intenso di quella tazzina di caffè preparata in un piccolo baretto sconosciuto e costatomi solo 80 centesimi di Euro.

Napoli è la città dove il caffè “pure in carcere lo sanno fare”, per citare De André. E infatti ho scelto proprio Napoli per acquistare la tradizionale caffettiera napoletana (appunto) chiamata anche “cuccuma” o “cuccumella”. A differenza della moka, non fa uso della pressione generata dal vapore per spingere l’acqua attraverso il caffè, bensì esclusivamente della forza di gravità. Insomma, per far scendere il caffè bisogna girarla sottosopra e attendere qualche minuto. Questo dà tempo per stupire gli ospiti e intrattenerli con la storia per cui il caffè in questo modo è più buono perché non brucia. E il messaggio sottinteso, naturalmente è: Io sì che so fare un buon caffè, il migliore!

Don Raffaè, Fabrizio De André

Saper fare un buon caffè è, di fatto, una competenza sociale molto importante per gli italiani. Una buona tazza di caffè può creare un ambiente rilassato, far iniziare conversazioni interessanti e – soprattutto – mettere al riparo dai giudizi.

E così puoi garantirti complimenti come: “Questo sì che è un buon caffè, mica come quello che ho bevuto in…. Spagna, Germania, Inghilterra”…Scegli tu un qualsiasi luogo che non sia Italia!

Ecco, questa è una frase molto comune tra noi italiani. E tutti hanno una storia legata al caffè da raccontare in occasioni sociali, facci caso.

Vocabolario 1

appunto = indeed, as I said

Nella fattispecie = In the present case

campanilismo = localism, the tendency to consider everything related to your home town/region better than the rest.

concedere = to grant

il primato = the primacy

davvero = really

recarsi = to go (like ‘andare’ but more elegant)

per assaporarne la fragranza = to savor the scent

sconosciuto = unpopular

la moka = traditional Italian coffee machine

scendere = to go down

sottosopra = upside down

non brucia = doesn’t burn

sottinteso = implied

mica = not translatable in English. It’s a reinforcement.

legata al = connected to, related to


Ma perché noi italiani pensiamo che il caffè faccia così (ehm…) schifo all’estero? Dopo oltre un anno a Londra, ci ho ragionato su e ho elaborato una teoria.

Penso – e correggimi se sbaglio – che il punto sia che quando viaggiamo, cerchiamo troppo spesso di ritrovare altrove quello a cui siamo abituati. E quindi, arrivato il momento del caffè, pretendiamo di ritrovare lo stesso espresso di sempre per poi renderci conto con grande stupore che… non è uguale al nostro.

Quello che dimentichiamo di fare è – nella maggior parte dei casi – guardarci intorno per almeno sforzarci di capire… Cosa si beve di tradizionale in questo cultura? Forse non il caffè espresso a cui siamo abituati? Se si parte da questo presupposto, l’esperienza migliora notevolmente. E allora anche il caffè turco con il fondo nella tazzina (quel “residuo” che fa inorridire gli italiani) o il caffè americano (quello che gli italiani considerano “brodaglia”) potranno sorprenderci positivamente.

E, badate bene, non dico che questo atteggiamento sia una prerogativa italiana. Chiunque di noi è portato a confrontare una nuova esperienza con quelle passate, specialmente se si tratta di abitudini.

Ricordo che durante una lezione di italiano una mia studentessa mi disse che il caffè italiano è orribile. “Ha un gusto così forte e finisce subito!” era il suo punto, abituata a portare con sé il suo bicchierone di caffè americano da cui attingere per l’intera mattina.

Noi italiani siamo però forse i più bravi a ragionare per stereotipi, come quello – e qui devo chiedere scusa a tutte le persone tedesche in ascolto – secondo il quale i tedeschi amano tanto bere il cappuccino dopo cena. Ecco, devi sapere che in Italia il cappuccino è ammissibile solo per colazione, mai mai mai dopo i pasti.

Ma la sai un’altra cosa? Da quando vivo a Londra, mi sono ritrovata anch’io a bere un cappuccino dopo pranzo, diverse volte a dire il vero…E incredibilmente sono ancora viva.

Ok, non era proprio un cappuccino, ma un cosiddetto “flat white”, che di fatto è un cappuccino senza schiuma, anche se in certi posti lo preparano con la schiuma e quindi in pratica è un cappuccino. Il motivo per cui mi sono messa a bere il flat white dopo pranzo al posto dell’espresso è perché a Londra non mi piace molto come viene fatto l’espresso, però mi piace il flat white. In alcuni posti, ho scoperto di adorare anche il caffè americano, che non avrei mai pensato potesse piacermi. Insomma, mi sono adattata. Farei la stessa cosa in Italia? Mai. Non ordinerei mai un cappuccino dopo pranzo in Italia. Perché? Semplice, perché il caffè – alla fine – è una bevanda sociale e, in quanto tale, segue le regole implicite del luogo in cui la si consuma.

Vocabolario 2

(fare) schifo = to suck

quello a cui siamo abituati = what we are used to

pretendiamo = we claim, we demand

stupore = the wonder

sforzarci di capire = to strive for understanding

presupposto = assumption

il fondo = in this context (speaking of coffee) it means residue

il residuo = residue

la brodaglia = the slop

badate bene = listen to me carefully

una prerogativa = prerogative

un gusto = a taste

da cui attingere = to drawn from

secondo il quale = according to which

è ammissibile = admissible, allowed

mi sono ritrovata = I ended up with

la schiuma = the foam

in pratica = basically

in quanto tale = as such


Il ruolo sociale del caffè

La storia viene in nostro aiuto per capire il significato sociale del caffè in Italia e nel mondo.

Prima di tutto, dobbiamo ricordarci che il caffè non è nato in Europa, ma la pianta di caffè è originaria dell’Etiopia. La verità è che sono state scoperte diverse piante di caffè, piante che oggi sono coltivate quasi esclusivamente in Sud America, Africa e Asia, nonostante il caffè si venda e consumi soprattutto nei Paesi occidentali.

Secondo Wikipedia, furono i Turchi dell’Impero Ottomano a portare il caffè come bevanda in Europa, in particolare fu introdotto attraverso la schiavitù: gli schiavi musulmani turchi, che erano stati imprigionati dai Cavalieri di San Giovanni nel 1565 durante il Grande Assedio di Malta, lo usavano per preparare la loro bevanda tradizionale.

Si diffuse poi ai Balcani e al resto del continente grazie allo scambio mercantile. Fu così che arrivò nella città di Venezia, allora uno dei principali porti europei, diventando la bevanda dell’aristocrazia.

L’Italia, con la sua identità così sfaccettata, ha tante storie di caffè da raccontare.

Cominciamo con Trieste, forse la città italiana con l’identità più cosmopolita, il cui porto e ferrovia in connessione con Vienna hanno contribuito a farne, a partire dall’Ottocento, un luogo di consumo di caffè per gruppi sociali diversissimi tra loro. Le caffetterie erano davvero per tutti, infatti cambiavano spesso clientela dal giorno alla notte: di giorno rappresentavano il ritrovo di mercanti e commercianti, ma anche attori, cantanti ed esponenti della scena letteraria dell’epoca; la notte diventavano la casa di loschi personaggi, gli stessi dipinti da Saba nella sua poesia “Caffè Tergeste”.

Caffè Tergeste, ai tuoi tavoli bianchi,

ripete l’ubbriaco il suo delirio,

ed io ci scrivo i miei più allegri canti!

Caffè di ladri, di baldracche covo,

io soffersi ai tuoi tavoli il martirio;

lo soffersi a formarmi un cuore nuovo.

Pensavo: – Quando infine avrò goduto

la morte, il nulla che in lei mi predico,

che mi compenserà d’esser vissuto?

Di pensarmi magnanimo non oso,

ma – se il nascere è un fallo – io al mio nemico.

sarei, per maggior colpa, più pietoso!

Caffè di plebe, dove un dì celavo

la mia faccia, con gioia in te m’attardo;

e tu concili l’italo e lo slavo,

ad alta notte, lungo il tuo bigliardo.

Umberto Saba, Caffè Tergeste

Vocabolario 3

la schiavitù = slavery

bevanda = drink

il porto = the harbour

la ferrovia = the railway

esponenti della scena letteraria dell’epoca = members of the literary scene of that time


A proposito di giorno e notte… Tu lo sai che cos’è il bar? Questa parola potrebbe confondere gli studenti anglofoni, per cui “bar” evoca il bancone sul quale vengono spillate birre e preparati cocktails. Il bar, in Italia, è invece sia un luogo dove fare colazione con caffè o cappuccino e cornetto, sia un luogo dove mangiare un panino per pranzo, sia il luogo dove fare un aperitivo o bere un drink con gli amici dopo cena. Alcuni bar fanno tutto questo, altri aprono solo di giorno o solo di sera, ma la parola è la stessa.

Tornando alle città italiane, ce n’è un’altra il cui porto ha permesso la rapida diffusione del caffè nei bar e nelle case. Questa è Napoli, che riesce a cancellare tutte le sue contraddizioni e disuguaglianze sociali con una semplice tazzina di caffè. È infatti originaria di Napoli la tradizione del cosiddetto “caffè sospeso” che consiste nel pagare al barista un caffè in più, oltre a quello consumato, per chi non può permetterselo ma vorrebbe comunque concedersi questo piccolo piacere. Il caffè “sospeso” è quindi una donazione che si fa verso uno sconosciuto.

Di solito, il caffè “sospeso” è quello più bevuto nei bar italiani e cioè l’espresso (o il macchiato, perché l’aggiunta di latte in Italia non ha alcun sovrapprezzo). Ma tu lo sai da dove ha origine la parola espresso? Per rispondere, dobbiamo spostarci di nuovo nel nord Italia, prima a Torino e poi a Milano.

Siamo alla fine del 1800, i bar sono pieni di avventori e i baristi faticano a star dietro alla richiesta di tanti caffè da dietro il bancone del bar. Sulla scia della Seconda Rivoluzione Industriale, un ingegnere torinese chiamato Angelo Moriondo progetta uno strumento capace di erogare velocemente il caffè, in modo “espresso”, per l’appunto. Nel Novecento il brevetto di Moriondo viene acquistato prima dal tecnico milanese Luigi Bezzera, che ne migliora il funzionamento, poi dall’imprenditore milanese Desiderio Pavoni, che produrrà le prime macchine in serie per il caffè espresso, la cui estetica verrà migliorata da Pier Teresio Arduino. Siamo vicini alla rivoluzionaria macchina a pistoni che spingono l’acqua ad alta temperatura nella polvere di caffè e che ha reso il nome di (Giovanni Achille) Gaggia uno dei marchi più famosi del settore. Ma questa è un’altra storia…

Insomma, il caffè in Italia può presentarsi con alcune varianti ma la caratteristica che non manca mai in nessuna tazzina è la socialità. Il caffè italiano non è una bevanda da degustare, ma una scusa per fare una pausa con i colleghi di lavoro o per fare due chiacchiere col barista che chiamiamo per nome. Ed è forse per questo che la famosa catena americana Starbucks ha trovato e continua a trovare ostilità nel Bel Paese (è riuscita a penetrare il mercato italiano solo nel 2018 – a Milano – e nel momento in cui scrivo è presente, solamente e con pochi negozi, anche a Firenze e Torino e si appresta a instaurarsi a Bologna, con le dovute precauzioni dell’amministrazione comunale.). Perché per noi italiani il caffè è un’altra cosa. È una bevanda economica che è solitamente soddisfacente (rispetto al gusto degli italiani), anche nel più angusto baretto di periferia. Per questo la gente si aspetta che rimanga economica e anche l’aumento di qualche centesimo la fa allarmare. Perché il caffè è ed è sempre stata quella cosa che, anche solo per il tempo che basta a sorseggiarlo, accomuna uomini e donne, malavitosi e intellettuali. Siamo tutti uguali di fronte a una tazzina di caffè.

Vocabolario 4

A proposito = About, speaking of…

vengono spillate = (‘vengono’ is like ‘sono’) have been tapped

la rapida diffusione = rapid spread

non può permetterselo = can’t afford it

concedersi = treat oneself with

gli avventori = patrons

erogare = to dispense, to provide, to deliver

una tazzina = a small cup

degustare = to taste

amministrazione comunale = local council administration

sorseggiarlo = to sip


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