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Una giornata a Piacenza

Ciao! Sono Barbara, insegno italiano come lingua straniera e oggi ti parlo di Piacenza, la città in cui sono nata.

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Apro gli occhi, svegliata dalle grida di due ragazzi in strada.

Marcooo, dai, aspettami!

È l’ultima frase che comprendo e la prima della mia giornata. Sento poi dei passi svelti allontanarsi.

Ci metto un po’ a capire che quella frase era in italiano e che, effettivamente, sono in Italia! Mi ricordo, piano piano, che la sera prima sono atterrata a Bergamo con un volo Ryanair partito da Londra. Sono tornata a casa, la casa dei miei genitori.

Apro la porta ancora mezza-addormentata e mi dirigo automaticamente a fare colazione. Le abitudini da adolescente, non si perdono mai.

Buongiorno! Dormito bene?

Mio papà è già sveglio, vestito e attivo. Guardo l’ora, le 9. Mia mamma è già al lavoro da un’ora. Il papà, invece, è felicemente in pensione da un anno e si prende il tempo per fare le cose che gli piacciono, specialmente il volontariato e la cura del cane di mio fratello.

Sul tavolo, immancabili, almeno due pacchetti di biscotti “Mulino Bianco”. Mi sorprendo a vedere anche le fette biscottate e un vasetto di marmellata ancora sigillato. E una scatola con alcune bustine di tè. Probabilmente, i miei genitori hanno pensato che in Inghilterra le mie abitudini alimentari siano cambiate. Può darsi, a dire il vero, ma con poco coraggio. La colazione salata, ad esempio, è qualcosa che – per quanto mi sforzi – non potrà mai rientrare nella mia dieta.

Il dolce, nelle colazioni italiane, è infatti preponderante. Forse la gente pensa che noi italiani a colazione mangiamo sempre “cappuccio e cornetto”, come si vede nei film. Niente di più sbagliato! Quella, semmai, è la colazione del fine settimana, quando si va al bar con gli amici. È un cibo che si mangia solo in occasioni speciali, insomma.

A casa, al contrario, latte e biscotti sono la regola. Magari il latte con un po’ di caffè, che si chiama caffelatte. Certo, molte persone sono intolleranti al lattosio o preferiscono una versione vegetale della bevanda bianca, ma sempre di latte si tratta alla fine. Sì perché il tè, in Italia, non è mica tanto buono. (Il tè col latte, poi, è impensabile! Non provare a chiederlo al bar, ti guarderanno con aria interrogativa).

Vocabolario 1

le grida (nome femminile plurale) = the screams

dai = come on!

svelti (aggettivo maschile plurale) = quick

allontanarsi = stepping away

sono atterrata = I landed

mezza-addormentata = half-asleep

mi dirigo = I head to

sigillato = sealed

mi sforzi (sforzarsi) = to strive, to struggle

preponderante = preponderant, predominant

semmai = on the contrary

mica (rafforzativo) = at all


Comunque, ti ho menzionato la Mulino Bianco, un brand che fa parte della società Barilla, che probabilmente conosci per la pasta che esporta in tutto il mondo. La Mulino Bianco e la Barilla sono così famose che, posso dire, sono diventate parte della cultura italiana. I nomi dei biscotti della Mulino Bianco, per esempio, sono conosciuti da tutti gli italiani. Prova a chiedere a un italiano di spiegarti che cosa sono “Le Macine” oppure “Gli Abbracci” o “I Pan di Stelle”… sicuramente saprà risponderti.

Nelle corsie dei supermercati italiani, i biscotti occupano un’intera fila. I più visibili, ovviamente, sono quelli della Mulino Bianco, nella loro inconfondibile confezione gialla. A seguire, sopra e sotto, ci sono tutte le altre marche, che producono copie dei prodotti originali del brand.

La Mulino Bianco e la Barilla sono celebri anche per i loro spot televisivi, che hanno per la prima volta mostrato “la tipica famiglia italiana”. Negli anni, sono stati anche criticati per questa idea molto tradizionale della famiglia, quella in cui la donna rimane a casa a curare i figli e a cucinare mentre aspetta il ritorno del marito dal lavoro. Trovo molto interessante leggere i cambiamenti sociali attraverso gli spot pubblicitari. Qui sotto, ti metto alcuni esempi: uno del 1992, uno del 1996 e due del 2022… noti qualche differenza?

1992
1996
2022
2022

La mia mattinata prosegue tranquilla: lavoro un po’ al computer e aiuto mio padre a preparare la tavola per l’arrivo di mia madre per pranzo e poi di mio fratello, che dorme sempre fino a tardi perché lavora di notte (in questa fase della vita, la nostra famiglia funziona proprio al contrario!).

La mamma, che è sempre la mamma, si è svegliata all’alba per preparare i pisarei e fasö, un piatto tipico piacentino composto da piccoli gnocchetti a forma di fagiolo (fatti a mano, con solo acqua e farina) e un sugo rosso con fagioli scuri (si chiamano “borlotti”). La ricetta tradizionale vorrebbe anche la cotica di maiale, ma mia mamma ha sempre preparato la versione vegetariana.

Dopo un mega piatto di pisarei, vorrei solo fare un pisolino, ma ho un appuntamento con un’amica per visitare la mostra di Klimt.

Vocabolario 2

fila (la fila, le fila) = lines

marche (la marca, le marche) = brands

mega = big

un pisolino = a nap


C’è una storia misteriosa che lega il famoso pittore Gustav Klimt alla città di Piacenza che vorrei proprio raccontarti.

Tutto comincia nel lontano 1912, ma non siamo in Italia… siamo in Germania, nella città di Dresda. Qui c’è una mostra (una esibizione) che si chiama in tedesco Grosse Kunstausstellung dove viene esposto il dipinto “Ritratto di ragazza” di Klimt. Alcuni anni dopo, nel 1918, una rivista di arte pubblica una fotografia del dipinto, scrivendo che non si sa dove si trovi. L’ubicazione del dipinto è sconosciuta. In altre parole, “Ritratto di ragazza” è scomparso.

Passano gli anni e noi torniamo a Piacenza, in Italia. Nel 1925 il piacentino Giuseppe Ricci Oddi avvia (inizia) le trattative per acquistare un altro dipinto di Klimt con il titolo “Ritratto di signora”. L’acquisto va a buon fine e nel 1931 il dipinto è esposto nella Galleria Ricci Oddi di Piacenza.

Questa galleria, una pinacoteca, contiene meravigliosi quadri di arte moderna e molte scuole della città organizzano delle gite per farla visitare dai bambini e dai ragazzi. Nel 1996, una studentessa nota delle somiglianze tra il “Ritratto di signora” che vede alla Galleria e il “Ritratto di ragazza” che vede in fotografia. Il direttore del museo decide di fare analizzare il quadro e si scopre così che… i due dipinti coincidono! “Ritratto di signora” è stato dipinto da Klimt sopra “Ritratto di ragazza”. Il quadro, quindi, non era scomparso ma si era trasformato!

Ma la storia non finisce qui. Poco dopo aver scoperto il grande valore del quadro, il dipinto viene rubato! È il 1997.

Passano ben 22 anni prima che, un giorno di dicembre 2019, il giardiniere che stava lavorando nel giardino della Galleria, vede un pacchetto spuntare da un anfratto nel muro del museo. Aveva ritrovato il quadro, che – apparentemente – non aveva mai lasciato casa.

Vocabolario 3

lega = binds, has a bond with

mostra = exhibition

rivista = magazine

scomparso = disappeared

avvia = starts

va a buon fine = goes well, is successful

gite (plurale femminile) = scholar trips, tours

somiglianze = similarities

viene = è (passive form)

ben (rafforzativo) = even

anfratto = ravine, crevice


Io e la mia amica usciamo dalla mostra che il cielo è ancora chiaro, fa molto caldo e ci viene voglia di un gelato. Le propongo di andare nel mio posto preferito, dove il proprietario mi serve il gelato fin da quando ero bambina. È lui che mi ha raccontato una cosa che da allora non riesco a togliermi dalla testa ogni volta che entro in una gelateria.

“Per vedere se gli ingredienti sono buoni, guarda sempre il colore del gelato al pistacchio”, mi ha detto. “Se è troppo verde, allora contiene coloranti chimici. Il pistacchio naturale è più marrone!”.

Mentre cammino per il centro storico di Piacenza con il mio cono gelato in mano, non posso fare a meno di osservare le persone attorno a me.
Oltre al fatto che, in una città piccola come Piacenza, la probabilità di incontrare qualcuno che si conosce è di 1/10 (sì, davvero, ogni dieci persone che passano, una almeno l’hai già vista, sai che lavoro fa, è un’amico di un’amico o qualcuno che lavora in uno dei negozi della città)… Dicevo. Oltre a questa familiarità tra abitanti, per la prima volta nella mia vita ho notato una cosa: il numero incredibile di anziani che si vedono in città.

Sono nonni coi capelli bianchi che passeggiano con le mani incrociate dietro la schiena. Sono nonne a spasso con i nipotini, sono signore con la permanente e il trolley della spesa. A Londra, la maggior parte delle persone che si incontrano per strada o sui mezzi pubblici hanno un’età compresa tra i 16 e i 40 anni. Nelle piccole città italiane, invece, i nonni sono una colonna portante della società. Sono quelli che si prendono cura dei nipotini quando i genitori vanno a lavorare, quelli che cucinano il pranzo della domenica e invitano tutta la famiglia a casa loro, perché tutti abitano vicino e raramente vanno a vivere in una città diversa. Sono quelli che hanno di fatto permesso alle nuove famiglie di avere una casa in cui essere finalmente autonomi, raramente prima dei trent’anni.

È tutto meraviglioso, se visto da un occhio estraneo. Per esempio, adoro guardare su Instagram le foto che le ragazze americane di Who’s Emilia postano. Sono foto di bar pieni di anziani, con il loro immancabile “bianchino” (un bicchiere di vino bianco). Di anziane al mercato. Di anziani che leggono il giornale sulla panchina. Di nonne che preparano la pasta fresca (a mano!). E finalmente capisco perché tutto questo le affascina.
La verità è che tutti questi anziani costituiscono il vero welfare italiano, quello che lo Stato – purtroppo – fatica a fornire alle nuove generazioni. Questa, però, è un’altra storia, quindi ti lascio con qualche immagine di Piacenza che immortala la parte più bella della mia città.

Vocabolario 4

ci viene voglia = we are up for, feel like

anziani = old people (in a polite way)

a spasso = out for a walk

colonna portante = supporting column

di fatto = actually

panchina = bench

fatica a = struggles to

fornire = to supply, to provide


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